PORDENONE (sabato 28 dicembre 2024) – Era l’inverno del 1944 quando la guerra colpì al cuore la famiglia Coassin, lasciando dietro di sé solo dolore e macerie. Il bombardamento di via Calderari a Pordenone spazzò via 51 vite, tra cui quelle di Davide Coassin, delle sue due sorelle e delle sue giovani figlie. Un’intera famiglia cancellata, ad eccezione di Angelo, il più giovane, che si salvò solo perché lontano, impegnato nei lavori forzati imposti dai tedeschi.
di Monia Settimi
Davide Coassin, fondatore del settimanale diocesano Il Popolo, era noto in città per la sua generosità e per l’impegno sociale. «Nonostante le difficoltà economiche, era sempre pronto ad aiutare gli altri», ricorda oggi il nipote Gabriele, durante la commemorazione tenutasi in centro a Pordenone. Ma Davide era anche un uomo d’ingegno: durante la guerra, aveva organizzato una rete di messaggeri per portare lettere e pacchi alle famiglie dei soldati al fronte, un gesto che oggi sembra straordinario nella sua umanità.
Angelo Coassin, all’epoca appena sedicenne, fu l’unico superstite della famiglia. Si trovava a Gorizia, dove era stato inviato per scavare trincee, ma appena apprese del bombardamento tornò di corsa a Pordenone, rischiando la vita. «Non poteva restare lontano sapendo cosa era accaduto», racconta Gabriele. Al suo arrivo, trovò solo macerie e il dolore di una città distrutta.
Grazie al sostegno di un benefattore che acquistò il pianoforte e i pochi mobili rimasti intatti, Angelo riuscì a trasferirsi a Treviso, dove ricominciò da capo e costruì una nuova famiglia.
«Oggi custodisco il ricordo di mio padre e di ciò che ha vissuto – conclude Gabriele – È un monito che non smette di parlare: la guerra non risparmia nessuno, nemmeno le persone migliori».
A ottant’anni di distanza, il ricordo della famiglia Coassin e di quella tragica notte rimane vivo, come un messaggio di memoria e speranza per le generazioni future.
Last modified: Dicembre 28, 2024