SEQUALS (martedì 19 novembre 2024) – Immagini che parlano più di mille parole. Donne che hanno visto la loro voce strappata, ma che si sono rialzate e l’hanno ritrovata attraverso la fotografia. È questo il cuore pulsante di “They took away our voice. So we will tell our story through pictures instead”, una mostra fotografica che aprirà le porte dal 23 novembre all’8 dicembre 2024 a Villa Savorgnan, a Lestans, in provincia di Pordenone.
di Monia Settimi
Oltre cinquanta scatti, frutto del lavoro di donne provenienti dal campo di Diavata, in Grecia, raccontano storie di resistenza, coraggio e speranza.
Il progetto prende forma nel 2020, quando all’interno di Casa Base, uno spazio sicuro creato dall’Ong QRT per le donne vulnerabili del campo profughi, nasce la “Photography School”. Qui, sotto la guida del fotografo friulano Mattia Bidoli, centinaia di donne hanno imparato a utilizzare l’obiettivo per raccontare le proprie storie e dare forma alle proprie emozioni.
«Fotografare significa entrare in contatto con il mondo in modo intimo, senza filtri. È un atto di coraggio. E quando la voce ti è stata tolta, la fotografia è una delle poche armi rimaste per esprimerti – spiega Bidoli. Le immagini che raccontano le esperienze di queste donne non sono solo foto: sono racconti, sono voci che si fanno vedere e che risuonano con potenza. La fotografia diventa l’unico strumento per abbattere i muri invisibili, quelli che dividono e opprimono.
La mostra si intitola proprio così perché si ispira a una frase che le protagoniste del progetto hanno ripetuto più volte: «Ci hanno tolto la nostra voce. Allora racconteremo la nostra storia con le immagini». Nata in modo quasi spontaneo nel novembre del 2021 durante un evento online organizzato dal Circolo Fotografico Palmarino, ha rivelato subito la sua forza. «Abbiamo capito che dovevamo portare queste voci in Italia, farle arrivare in Europa. La fotografia è la loro preghiera silenziosa, e noi vogliamo farla ascoltare», racconta Mattia.
Le fotografie in mostra sono potenti e in alcuni casi sconvolgenti. Ritraggono donne che vivono in bilico tra il passato che le perseguita e il futuro che sperano di conquistare. Tra le loro storie c’è la negazione dei diritti fondamentali: libertà di pensiero, educazione, autodeterminazione. Ma c’è anche la forza di chi, attraverso l’arte visiva, è riuscita a liberarsi almeno in parte da questi vincoli. Ogni scatto racconta una lotta per il riscatto, per un futuro che non sia più quello di un campo profughi, ma una vita nuova, piena di speranza.
Il Sindaco di Sequals, Enrico Odorico, ha commentato con forza: «Questo evento arriva proprio prima della ‘Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne’. Un momento perfetto per ricordarci che ogni donna ha diritto a essere ascoltata, ovunque si trovi, a prescindere dalla sua cultura, religione o paese di origine».
Dal 2020, sono più di 40 le donne – di età compresa tra i 10 e i 34 anni – che hanno preso parte alla scuola di fotografia del campo di Diavata. Arrivano da Afghanistan, Iran, Siria, Iraq e Kurdistan, e le loro storie sono piene di dolore, ma anche di un’indomabile speranza. Grazie alla fotografia, queste donne sono riuscite a farsi strada nel mondo della comunicazione visiva, partecipando a mostre internazionali, collaborando con realtà come l’UNHCR, Medici Senza Frontiere e Art 4 Humanity. Le loro opere sono state premiate e pubblicate in importanti media internazionali come CNN e Repubblica.
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